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martedì 25 giugno 2013

Breve storia della Carrozzeria BERTONE




Nel contado di Mondovì, una zona del Piemonte ad altissima densità agricola, nasce nel 1884 Giovanni Bertone, sesto dei sette figli di una modesta famiglia contadina.
Nel 1894, all’età di dieci anni, Giovanni consegue la licenza elementare e dopo aver lavorato per pochi mesi nel podere di famiglia, è assunto a Mondovì da Ferrua, una piccola ditta costruttrice di carri.
Qui Giovanni lavora inizialmente come semplice apprendista, una sorta di garzone di bottega, iniziando però ad apprendere i segreti e le prime conoscenze del mestiere di carradore. Dopo un lungo periodo di apprendistato, durante il quale diventa un vero e proprio specialista nella costruzione di carri, Bertone decide di lasciare la provincia e di tentare la sorte nella grande città: all’età di 23 anni abbandona Mondovì e il suo lavoro da Ferrua e si trasferisce a Torino.
Nel capoluogo piemontese Giovanni può inizialmente contare sull’appoggio della sorella Caterina che lavora come governante in un convitto di corso Moncalieri, nel quale riesce a far assumere anche il fratello con la mansione di addetto alla manutenzione.
Dopo due anni, nel 1909, diventa dipendente della Diatto Ferroviaria, società costruttrice di veicoli ferroviari e tranviari che, vista la sua esperienza di carradore lo destina alla costruzione delle scocche in legno e in ferro.
Nel 1912, a 28 anni, Giovanni Bertone reputa i tempi ormai maturi per avviare una propria attività: acquista così una piccola officina in via Villarbasse 32, nel popolare rione di Borgo San Paolo, e, con tre operai come dipendenti, inizia a riparare e a costruire carri, calessi e altri veicoli a trazione animale, forte della sua esperienza accumulata in tanti anni di lavoro.
Lo scoppio della guerra mondiale e il conseguente coinvolgimento dell’Italia nel conflitto costringono Bertone a rivedere il proprio progetto di trasferimento dell’attività in un locale più ampio: infatti dal 1914 fino alla fine delle ostilità Giovanni ritorna alla Diatto come operaio addetto alla produzione bellica e si dedica al lavoro nella sua officina di Borgo San Paolo durante "le ore notturne e i pochi giorni di riposo, per non perdere quel patrimonio che ha faticosamente accumulato negli anni" [Greggio, 2002].
Terminata la guerra, l’officina Bertone riprende a lavorare a pieno a ritmo ed entra, timidamente, nel mondo dell’automobile. E’ infatti la Fiat SPA che affida alla Bertone la costruzione dei baquets, ovvero dei sedili in legno che, montati sugli autotelai, "consentono ai collaudatori di provare le vetture su strada ancora prive di carrozzeria"[Greggio, 2002]. E’ l’inizio della crescita.
Nel 1920 Giovanni Bertone riesce finalmente a realizzare il trasferimento della piccola officina in un fabbricato più ampio: l’azienda si trasferisce nella nuova sede di via Monginevro 116, sempre in Borgo San Paolo, che si estende su una superficie di 1.600 metri quadrati e che impiega circa una ventina di operai.
Dopo il trasferimento nel nuovo complesso la Bertone entra definitivamente nell’ambiente della produzione automobilistica: nel 1921 la SPA le affida la carrozzeria per il telaio del modello 23S, seguita dalla Lancia che commissiona la costruzione delle scocche complete per le proprie autovetture. E’ il preambolo della notorietà. Infatti, qualche mese più tardi, l’azienda pone il proprio marchio sui telai della Fiat, della Fast, della Scat e della Diatto.
Tra il 1920 ed il 1930 le Carrozzerie Bertone si specializzano nella costruzione dei ballon, "sorta di padiglioni prefabbricati da sovrapporre alla vettura aperta, per trasformare in berlina le vetture nate nella versione torpedo" [Greggio, 2002]: Lancia, Diatto, Itala, SPA e Fiat sono i nomi più noti su cui sono montati i ballon prodotti dalla Bertone.
Nel 1933 Nuccio Bertone, figlio di Giovanni, entra ufficialmente, a soli diciannove anni, nell’azienda di famiglia che l’anno dopo si trasferisce nel nuovo stabilimento di corso Peschiera 225. Una struttura che si sviluppa su un’area di 3.000 metri quadrati, nella quale sono occupati 150 operai e che presenta tutte le caratteristiche di un vero e proprio complesso industriale: ampi cortili per le vetture semilavorate, un capannone adibito a scoccheria, un altro destinato ai sellai e alla finizione e un reparto verniciatura che, con i forni a resistenza elettrica e l’applicazione del metodo di verniciatura "a spruzzo", rappresenta sicuramente un’importante ventata di novità.
L’inaugurazione del nuovo stabilimento di corso Peschiera coincide con una proficua collaborazione con la Fiat, per la quale Bertone carrozza l’Ardita 2500 (1934), e la Balilla, nella particolare versione Balilla della Signora (1934).
Tra il 1935 e il 1936, periodo segnato dalla sconfitta italiana in Etiopia e dalle conseguenti sanzioni economiche decretate dalla Società delle Nazioni, la Bertone è chiamata a soddisfare le esigenze delle Regie Poste e dei Monopoli di Stato che, a fronte del razionamento del carburante, richiedono la fabbricazione di un numero sempre maggiore di veicoli a trazione elettrica. In questo periodo l’azienda instaura rapporti di affari con altre istituzioni, statali e non, che permettono di espandere l’attività produttiva in molteplici direzioni, dalle vetture agli autobus e ai taxi, dalle autoambulanze ai veicoli di appoggio per le forze armate. Ecco così che tra il 1934 e il 1938 prendono vita le commesse della Croce Rossa, per le ambulanze su telaio Lancia e Fiat, dell’Ala Littoria per alcuni autobus (su telaio Fiat) destinati al trasporto dei passeggeri da e per gli aeroporti e della Victoria per grossi autobus da gran turismo.
Subito dopo l’Italia è nuovamente travolta da un’altra guerra che segna, anche per la Bertone, l’inizio di un lungo periodo di crisi. Dopo aver provveduto a carrozzare nel 1937 la Nuova Balilla della Fiat (comunemente chiamata 1100) e aver partecipato all’ammodernamento dei veicoli delle forze armate (ambulanze, taxi e vetture a noleggio, per un totale di circa 500 unità) alla Bertone non rimane che calarsi completamente nella produzione di guerra, dedicandosi alle commesse belliche e trattando con i vari enti militari "per poter far fronte alle molteplici esigenze di questi ultimi" [Greggio, 2002].
Il risveglio dalla guerra è faticoso ed irto di difficoltà, ma grazie all’impegno congiunto tra la direzione e i dipendenti che cercano "di ricostruire al meglio gli strumenti essenziali per il ritorno al lavoro" [Greggio, 2002], l’azienda può riprendere la propria attività. Inizialmente lo fa dedicandosi quasi esclusivamente alle automobili sportive: la Bertone carrozza Fiat, Lancia, Ferrari, Arnolt-Bristol, e soprattutto Alfa Romeo. Ed è proprio con la casa lombarda (grazie alla felice partecipazione nella realizzazione della nota Giulietta sprint) che l’azienda torinese instaura un saldo e duraturo rapporto di collaborazione a partire dalla metà degli anni ’50.
Alla fine degli anni '50 la Bertone è oramai una realtà produttiva saldamente avviata che inizia ad introdurre nel processo di fabbricazione nuove procedure industriali per l’assemblaggio, la saldatura, la verniciatura e l’abbigliamento delle carrozzerie. Si pone quindi la necessità di reperire un nuovo stabilimento adatto sia ad installare le linee di questo nuovo tipo di montaggio più razionale che ad accogliere il nutrito numero dei dipendenti (circa 550). Così, nel 1959, anno in cui Giovanni Bertone cede ufficialmente al figlio Nuccio il timone dell’azienda, la produzione si sposta nella nuova struttura di corso Allamano a Grugliasco, alla periferia di Torino, attuale sede delle Carrozzerie Bertone.

In foto due splendide ISO RIVOLTA capolavori della Carrozzeria BERTONE


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